In politica come nel calcio. di Horacio Guillén
Alberto Costa (Corriere della Sera, 25 giugno 2010), centra il fallimento calcistico della Nazionale italiana su cinque motivi: a) inadeguata composizione del gruppo (troppa Juve, una squadra che ha deluso i suoi tifosi nell’ultimo campionato); b) cambio del sistema calcistico (e cambi di ruolo per alcuni giocatori che avrebbero portato alla mancanza d’identità della squadra); c) minima qualità e scarsa personalità di parecchi dei calciatori, che ha portato alla formazione di una squadra che non era all’altezza del mondiale; d) Segnali di paura ricollegata alla scarsa caratura internazionale di parecchi degli 23 azzurri; e) tardiva utilizzazione di Fabio Quagliarella, chi - entrato in campo per la prima volta nella ripresa contro la Slovacchia - si è costituito nel migliore degli azzurri. Fabrizio Bocca, dal suo canto, con il titolo di “I burocrati che non perdono mai” (La Repubblica, 26 giugno 2010), rileva che il numero uno del calcio, Giancarlo Abete, dopo la disfatta azzurra, ha affermato: “Non rinnego della scelta di Lippi. C'è tristezza, ma abbiamo il dovere di ripartire». «Non c'è pessimismo, ma legittima preoccupazione...c’è un trend di competitività decrescente che non si è solo manifestato ieri...». Abete ha finito: "La responsabilità è anche mia, ma non mi dimetto", come dopo il mondiale 94 ha dito tra noi Julio Grondona: “Yo no renuncio ni al tute”. È possibile che il DDL che prevede lo scudo processuale di 18 mesi per il presidente del Consiglio e per i ministri – una delle norme ad personam che favoriscono a Silvio Berlusconi - promultato del presidente Giorgio Napolitano in data 7.4.2010, è arrivato pure al calcio.
Potrà prevalersi del leggitimo impedimento Abete? In vista di quanto operato riguardo al neoministro Aldo Bancher, sembra di sì. Brancher, imputato d’appropriazione indebita -, perché avrebbe “grattato" alcune centinaia di migliaia di euro al banchiere Gianpiero Fiorani - ha chiesto di rinviare ad ottobre le udienze della V Sezione Penale del tribunale di Milano, nel processo sul tentativo di scalata alla Banca Antonveneta da parte di Bpi, fissata per sabato 26 giugno, ha fatto eccezione in base alla legge di "legittimo impedimento".
Immediatamente è scoppiata una vera tempesta – tra i propri simpatizzanti leghisti - che coinvolge tanto a Silvio Berlusconi, quanto al proprio Umberto Bozzi. Affermano che Brancher è stato cooptato da Berlusconi a capo di un ministero al solo scopo di evitargli un processo per appropriazione indebita. "E' stato fatto probabilmente ministro – scrive un utente del web leghista - perché i suoi processi per le maxitangenti prese da Fiorani e lo scandalo Bpl-Antonveneta stanno giungendo al termine e per evitare che sia condannato e messo in galera con enorme ennesimo smacco per il Pdl e Berlusconi, gli si è dato un ministero senza portafogli sostanzialmente senza deleghe e competenze ma sufficiente per avere tutte le immunità ministeriali". Tutti parlano, in somma, esplicitamente di uno "scandalo" e quasi tutti puntano il dito contro Berlusconi ma anche verso Bozzi e i leader del Carroccio.
Una cosa, chiaramente, è rimasta nel cuore di tutti: non c’era alcuna necessità del nuovo ministero - e per questo non c’è nessuna necessità di organizzarne niente - c’èra soltanto il bisogno di chi, da sempre vicino al circolo intimo del Presidente del Consiglio dei Ministri, gli occorre di sottrarsi alla giustizia, umiliando il principio d’accordo al quale tutti i cittadini sono uguali dinanzi alla legge.